In occasione della Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, istituita 11 anni fa, per sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sui Disturbi del Comportamento Alimentare, abbiamo chiesto allo psicologo e psicoterapeuta del CAR Spazio Salute, Marco Lorusso, e alla psicologa, Francesca Sajia, di spiegarci cosa sono e come possono essere affrontati e curati, rivolgendosi a unə specialista.
“Il Fiocchetto Lilla, simbolo della lotta contro i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), ha origine in America per sensibilizzare ed informare sulle maggiori cause e i loro devastanti effetti che i DCA determinano nell’individuo e nella famiglia e per diffondere la consapevolezza che queste patologie si possano oggi curare.
Oggi i disturbi del comportamento alimentare rappresentano una delle più frequenti cause di disabilità giovanile e a essi si associa un rischio elevato di mortalità. La prevalenza dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa si aggirano rispettivamente intorno allo 0,9% all’1,5%, nel genere femminile, mentre in quello maschile le percentuali sono 0,3 per l’anoressia e 0,5 per la bulimia. Solo in Emilia-Romagna nei primi sei mesi del 2021 sono stati 1.570 i pazienti assistiti per disturbi alimentari, un numero non troppo lontano dalle 1.872 persone prese in carico lungo tutto il 2020 e dalle 1.886 dell’intero 2019.
La prevalenza dei disturbi della nutrizione e della alimentazione nei giovani aumenta tra l’infanzia e la prima adolescenza, per questo è importante identificare quali siano le condizioni che favoriscono lo sviluppo di questi disturbi ben prima dell’adolescenza.
L’eziopatogenesi dei disturbi dell’alimentazione è di tipo multifattoriale. Essi sono il risultato dell’interazione di fattori predisponenti (genetici, psicologici, ambientali e socioculturali), fattori precipitanti (diete restrittive e difficoltà psicologiche personali) e fattori di mantenimento (sindrome da digiuno e il rinforzo positivo dall’ambiente).
L’emergenza pandemica ha avuto un forte impatto negativo sull’incidenza nella popolazione dei disturbi del comportamento alimentare con numeri di casi in consistente crescita, infatti molte persone che già soffrivano di questi disturbi hanno visto peggiorare il quadro sintomatologico, mentre per molte altre l’isolamento forzato negli spazi domestici nei lunghi periodi di lockdown ha contribuito all’insorgenza di un disturbo.
L’insoddisfazione per la propria immagine corporea rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio e di mantenimento dei disturbi legati all’immagine corporea e all’alimentazione. La magrezza è uno strumento attraverso il quale i pazienti anoressici e bulimici riescono, allo stesso tempo, a evitare e a giocare, in un campo più ristretto e controllabile, il gioco della vita; il gioco della ricerca e della realizzazione di sé nei vari ambiti in cui le nostre ambizioni e le circostanze ci sfidano, a cominciare dall’amore e dal lavoro. Di fronte alla complessità della sfida, i pazienti con disturbi alimentari si ritraggono impauriti e concentrano tutte le loro energie sul controllo dell’aspetto corporeo e dell’alimentazione. Così l’aspetto corporeo, da mezzo che utilizziamo per vivere, comunicare, presentarci al mondo, diventa uno scopo, un fine in sé.
Possiamo osservare come tutti i disturbi alimentari condividano il medesimo nucleo psicopatologico: un’eccessiva importanza attribuita al peso, alla forma del corpo e al controllo dell’alimentazione, caratterizzati da meccanismi comuni quali bassa autostima e perfezionismo . Studi recenti hanno evidenziato come anche il rimuginio e il controllo costituiscano importanti fattori di mantenimento per i Disturbi dell’Alimentazione.
Evidenze cliniche e sperimentali supportano l’ipotesi in base alla quale il criticismo genitoriale è un fattore di rischio per lo sviluppo del perfezionismo patologico presente nei pazienti con disturbi alimentari, portando alla formazione del controllo ossessivo del peso e della forma fisica. Tale perfezionismo diventa una sorta di reazione all’estremo dolore provocato dalle critiche recepite, che a loro volta hanno stimolato, in individui
poveri di risorse cognitive e di un sostrato familiare adeguato, lo sviluppo di un controllo o di un discontrollo sul cibo, sulla forma fisica e sulla fatuità del proprio essere.
Diversamente dal perfezionismo patologico o dalla bassa autostima, il controllo si presenta non come un problema, bensì come una soluzione: il controllo del peso, del cibo e dell’aspetto corporeo attraverso la dieta, ed è rinforzato positivamente dalla sensazione di successo che si sperimenta quando si riesce a rispettarla, e negativamente dal timore di ingrassare. Il risultato è che, con l’intensificarsi della dieta, il peso decresce sempre più e il processo si autoperpetua. È per questo motivo che il bisogno di controllo nei disturbi alimentari diventa una necessità compulsiva, un vero e proprio obbligo. Tuttavia, sebbene la gestione dell’alimentazione e delle dimensioni corporee offra in un primo momento l’attrattiva di una qualche possibilità di controllo, alla fine li condanna a un’esistenza isolata e insana.
Si tratta pertanto di disturbi gravi il cui inquadramento diagnostico si attua a livello ambulatoriale e prevede che il paziente venga valutato a livello clinico, nutrizionale e psicologico. È dunque importante rivolgersi a professionisti che si occupano specificamente di questi problemi. Questo permette di poter effettuare prontamente una corretta diagnosi differenziale e di ricevere indicazioni corrette sul trattamento psicoterapico da seguire. La terapia cognitivo-comportamentale ha lo scopo di identificare e modificare alcune modalità di pensiero problematiche che favoriscono la comparsa e il mantenimento della patologia alimentare, a imparare a gestire il sintomo e a sostituirlo con pensieri e comportamenti più adeguati e funzionali. Ha inoltre il preziosissimo compito di aiutare la persona che soffre di tale disturbo a conoscere le proprie emozioni negative e a gestirle non solo attraverso il cibo. In letteratura scientifica è stata ampiamente documentata l’elevata efficacia della terapia cognitivo-comportamentale tanto da risultare la tecnica di elezione per il trattamento dei disturbi del comportamento alimentare.”
Dott. Marco Lorusso – Psicologo, Neuropsicologo, Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
Dott.ssa Francesca Saija – Psicologa